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Da Lombardia Oggi  25 aprile 2004

Intorno alle ceramiche di Sartori

Tino Sartori nasce a Samarate, in provincia di Varese, nel 1956. E’ l’ultimo dei cinque fi­gli di una famiglia semplice che gli permette una vita semplice senza sprechi inutili. Lo sforzo dei genitori consiste soprattutto nel garantire ai figli un buon livello d’istruzione. Tino Sartori infatti riesce a frequenta­re la facoltà d’architettura a Milano. Dopo la laurea avvenuta a pieni voti nel 1980, lavora inizialmente per alcuni anni nel restauro architettonico e pittorico. Interviene nelle chiese situate nelle vicinanze come quella di Tornavento, Vizzola Ticino e Castano Primo.
Proprio in questo periodo dipinge saltuariamente tele ad olio e acquerelli affrontando svariati temi. Nel 1981 costituisce una scuola di ceramica all’interno dell’Università Popolare di Samarate grazie anche alla partecipazione di alcuni artisti.
All’Università Popolare di Samarate conosce il Maestro Luciano Morosi, pittore scultore e ceramista che è vissuto tanti anni in Brasile, nel 1967 espose alla Biennale internazionale di San Paolo conseguendo un buon successo artistico.
Il rapporto con il Maestro Moro si sarà determinate per la sua formazione, da lui infatti apprenderà l’amore per la ceramica e le tecniche di lavorazione. Nel 1982 hanno inizio i suoi viaggi che dureranno un decennio. Visiterà diversi paesi dell’America Latina, dell’Africa e dell’Oriente a volte come semplice visitatore, altre volte per svolgere alcuni lavori di cooperazione allo sviluppo.
Da questi viaggi e dai contatti con culture molto diverse e interessanti, Sartori approfondirà gli studi sulla ceramica precolombiana incaica, marajoara e del Nicaragua. Visitando luoghi incontaminati dal turismo di massa come in Congo e in Camerun, incontrerà e conoscerà le più remote tecniche indigene di lavorazione della ceramica.
Sviluppando il suo impegno nella «cooperazione interna­zionale allo sviluppo» si specializzerà in "Architettura in terra" studiando e visitando paesi come l’Egitto, il Marocco e la Tunisia c e si distinguono per la loro lunga tradizione costruttiva in terra cruda.
Troverà in quest’architettura un calore ed un’emozione pro­fonda che è trasmessa sia dalla materia usata (la terra), sia dalle linee curve presenti nelle forme, sia dai colori caldi usati nelle decorazioni. Nei primi anni Novanta il suo sforzo è teso ad integrare la ceramica nell’architettura e per questo ap­profondisce gli studi su Gaudì e Leger visitando più volte Barcellona e la “Fondazione Leger” a Biot.

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